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Intervista a L’Unità

 

Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie e Diritto alla Casa nella Segreteria nazionale del Partito Democratico e Capogruppo Pd al Consiglio regionale della Lombardia: l’Unità ha titolato nei giorni scorsi in prima pagina: “Meloni in Parlamento si schiera con i trafficanti libici. Povera patria…”. È troppo?
No, assolutamente! Lo ritengo un titolo perfetto sul piano politico e sostanziale. Alla fine, infatti, se ci pensiamo bene, quel che accade è che la destra al governo coltiva la cultura dell’emergenza permanente come ingrediente essenziale per la gestione delle politiche migratorie. Non si governa, non si gestisce, non si innova un sistema oramai logoro, non si modifica il più rilevante quadro di regole di riferimento – non dimentichiamoci che in Italia è da oltre vent’anni in vigore la Legge Bossi Fini – e si produce la spirale che abbiamo già richiamato, in passato, proprio su questo giornale. Quel corto circuito che si determina attraverso l’immigrazione non gestita – l’allarme sociale fatto crescere – l’esasperazione dei toni e la macchina repressiva che calpesta i diritti umani.
Del resto, parliamoci chiaro: la destra in termini simbolici ha bisogno come il pane dei trafficanti d’uomini e perfino della gente stipata sui barconi alla deriva.
Queste sono le fotografie che preferisce esibire per esaltare la retorica di un’invasione che mette costantemente a repentaglio le nostre società.

Dopo il flop dell’evanescente “Piano Mattei” per l’Africa, lo schiaffo-Albania. La presidente del Consiglio ha reagito, sul secondo fronte, attaccando la magistratura e gridando “vergogna” all’indirizzo del Pd e degli europarlamentari Dem. Premier sull’orlo di una crisi di nervi?
Apparentemente potremmo dire che sì, la presidente del Consiglio stia perdendo un po’ il controllo. Ma questo, in realtà, vorrebbe dire sottovalutarla. Poiché io sono sempre convinto e nulla mi fa cambiare idea, che la destra, o meglio questa di oggi, di stampo nazionalista, non certo quella di matrice “liberale”, cerchi l’esasperazione di un conflitto caotico, in qualche modo se ne nutra, poiché esso diviene utile a giustificare le forzature istituzionali e perfino democratiche. Torno sulle conseguenze di quel che è avvenuto in questi giorni. Ne vedo alcune. La prima è, per l’appunto, quella di coltivare l’immagine mitica dell’immigrato invasore. L’immigrato da segregare e deportare e non da “includere” e da accogliere magari in forme più efficaci che in passato. La seconda è quella distrarre l’opinione pubblica rispetto a scelte realizzate in altri campi, in questo momento penso in particolare alla manovra economica, una manovra dal respiro corto e dai sacrifici garantiti – e tuttavia taciuti –. La terza – ed è il salto di qualità, la vera involuzione preoccupante di queste ore – l’aggressione perpetuata nei confronti dei giudici. Un’aggressione imbarazzante e che imbarazza, a cui ha risposto correttamente l’Associazione Nazionale Magistrati costretta a chiedere pubblicamente che “la giurisdizione sia rispettata come esercizio di una funzione del tutto autonoma ed indipendente”. Tutto questo sa molto di sindrome ungherese. Il presidente del Senato La Russa, non dimentichiamolo, un po’ come il personaggio del Film “Il dottor Stranamore” a cui il braccio teso a un certo punto scappa istintivamente, ha esplicitamente fatto riferimento alla necessità di rivedere la separazione dei poteri. Ma ci rendiamo conto in che mani siamo? La seconda carica dello Stato che interviene così dopo che i giudici, semplicemente, si sono attenuti alle regole ed anzi sono intervenuti in relazione alla materia dei cosiddetti “Paesi sicuri” facendo riferimento alla documentazione prodotto dai ministeri stessi. Riavvolgiamo il nastro: il governo crea un totem della repressione delle persone con il CPR d’Albania, poi si rende conto che ha messo in piedi un progetto che – oltre ad essere costosissimo – cozza con il diritto internazionale e le scelte del governo stesso e cosa fa? Attacca i giudici.

 

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Pierfrancesco Majorino