Scrivo dal Corvetto, dove sono stato in questi giorni e dove sicuramente tornerò, come faccio da anni.
600 poliziotti in più nel quartiere. E gli educatori e le opportunità?
La repressione assolutamente non basta.
Negli ultimi giorni ho passato molte ore in quelle vie, che conosco bene, incontrando persone che non vedevo da un po’ di tempo, chiacchierando al bar, al chiosco, discutendo con gli operatori sociali, i pensionati, con gli inquilini (e qualche portinaio: ne mancano…) e scambiando quattro chiacchiere con i ragazzi quando non sono oggetto di un’ossessiva attenzione delle troupe televisive .
È un quartiere molto più reattivo e vitale di quello che si dice.
Ed è un quartiere che può farcela.
Del resto tutte le volte in cui sono state realizzate attività sociali (la ripresa di uffici del Comune, la riattivazione temporanea del “mercato”, l’apertura della Casa medica o di centri e associazioni e così via) la risposta c’è stata.
Ci vuole costanza e presenza.
Per questo la notizia degli agenti di polizia in più a Milano per me è solo una piccola parte della risposta.
E si fa torto proprio alle forze dell’ordine se si mitizza il loro operato.
Ci vogliono percorsi di formazione più forti per tenere agganciati tanti ragazzi, maggiori opportunità, più educatori.
Parlo di cose anche banali, che non fanno nessuna notizia, e ne parlavo con alcuni amici giusto ieri sera.
Ma ad esempio: pensate che tutte le ragazzine e i ragazzini possano fare sport o imparare musica, allo stesso modo?
Abbiano tutti famiglie in grado di pagare corsi e attività sportive?
Se lo pensate vi sbagliate di brutto.
E’ una cosa piccola. Una goccia nel mare.
Ma se non offriamo opportunità lasciamo ai bordi della città un pezzo di nuova generazione
È il legame la risposta giusta e per fortuna molti a Milano (e in tanti altri contesti) lo sanno e ci sono e danno una mano.
Le istituzioni devono fare i vertici anche per attivare progetti e interventi su questo.
C’ero anche alla fiaccolata per Ramy. Un momento di raccoglimento partecipato, intenso e assolutamente pacifico.
Grazie ai cittadini del quartiere che mi hanno invitato ad esserci.
Gli esponenti della destra invece di attaccare l’amministrazione comunale dovrebbero domandarsi perché continuano a lasciare marcire nel degrado il quartiere di case popolari dell’Aler, che è di proprietà di Regione Lombardia, dove ci sono centinaia di appartamenti vuoti, abbandonati all’incuria.
Varrebbe la pena non gettare altra benzina sul fuoco e costruire un’azione comune delle istituzioni, volta al recupero e al rilancio del quartiere.
Con Carmela Rozza ho incontrato gli inquilini delle case popolari, chiacchierando con alcuni ragazzi e passando a salutare i miei amici della Comunità di Sant’Egidio .
A pochi metri dalla casa dove vive la famiglia di Ramy, il ragazzo che ha perso la vita, la signora Anna mi ha detto una cosa molto semplice “quei ragazzi alla fine sono solo figli di qualche mamma e io soffro per quello che sta succedendo”.
Di fronte alla barbarie delle dichiarazioni della destra che soffia sul fuoco senza offrire soluzioni e lascia scientemente nel degrado il quartiere dell’ALER (e quindi di Regione Lombardia) queste semplici parole, questa umanità, di una donna italiana, residente nelle case popolari da tanto tempo, hanno indicato la strada giusta.