La Commissione Europea ha presentato ieri 3 maggio una proposta di modifica della Direttiva che regola la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti biologici. È un piccolo ma fondamentale aggiornamento, che consiste nell’inserire in un allegato della Direttiva il virus Covid-19 e garantire così l’applicazione delle norme sulla salute e la sicurezza ai lavoratori più esposti al contagio, a partire proprio da quegli stessi operatori sanitari e dei servizi sociali che sono la prima linea della battaglia contro il virus.
Penso però che in questo provvedimento ci sia un errore: la Direttiva prevede infatti quattro categorie di rischio nelle quali inserire tutti gli agenti biologici, con diversi livelli di misure e precauzioni. È stato proposto di inserire il Covid nella categoria 3, non garantendo così quel massimo di protezione possibile assicurato dalla categoria 4.
È una scelta che contraddice proprio lo spirito e i riferimenti previsti dalla Direttiva, che dice: “se l’agente biologico da valutare non può essere classificato chiaramente in uno dei gruppi deve essere classificato nel gruppo a rischio più elevato tra le alternative.” E descrive così le due categorie:
Categoria 3: può causare gravi malattie e presentare un grave pericolo per i lavoratori; può presentare un rischio di diffusione per la comunità, ma di solito sono disponibili profilassi o trattamenti efficaci.
Categoria 4: causa gravi malattie ed è un grave pericolo per i lavoratori; può presentare un alto rischio di diffusione per la comunità; di solito non sono disponibili profilassi o trattamenti efficaci.
La crisi epocale che stiamo affrontando richiede di mettere in campo il massimo delle tutele e delle precauzioni, partendo proprio da chi è più a rischio e quindi più fragile.
Spetterà al Parlamento Europeo opporsi a questa misura e richiedere che il Covid venga rapidamente inserito nella categoria più alta, garantendo così il massimo della protezione.